Spesso sentiamo parlare di patologie croniche intestinali e magari abbiamo sospettato di esserne colpiti.

Con questa definizione si intende un gruppo di patologie in rapida crescita anche nella popolazione italiana, che pure accomunate dai sintomi di dolore e di disagio addominale presentano quadri clinici diversi.

Con l’acronimo IBD (inflammatory bowel disease) intendiamo le malattie infiammatorie croniche intestinali (in italiano MICI) come la malattia di Crohn e la rettocolite ulcerosa, patologie le cui cause non sono conosciute e che sono sempre più diffuse. I sintomi principali sono la diarrea che può essere cronica o intermittente e che può portare anche alla perdita di peso, e il dolore addominale anche continuo, ma possono svilupparsi altri sintomi dovuti alla propagazione dell’ infiammazione a organi come occhi, fegato, pelle.

Invece IBS (irritable bowel syndrome, in italiano SII, sindrome dell’intestino irritabile) indica la sindrome del colon irritabile che non è di natura infiammatoria ma è una malattia funzionale, vale a dire che l’aspetto dei tessuti non cambia e quindi la diagnosi è più difficoltosa. La IBS può dare sintomi anche molto lontani da quelli tipicamente intestinali ad esempio dermatiti, emicrania, stanchezza cronica, e anche disturbi della sfera psicologica come ansia e depressione.

Fra le cause di questa patologia possiamo certamente considerare la predisposizione genetica ma ci sono anche diversi fattori legati al nostro stile di vita come l’alimentazione, l’utilizzo di farmaci, e lo stress che molto spesso precede le fasi acute del disturbo.

Uno studio dell’Università di Gronigen ha evidenziato come IBD e IBS siano caratterizzate da alterazioni qualitative e quantitative del microbiota rispetto a quello dei soggetti sani, con diminuzione delle specie benefiche e aumento dei patogeni e della loro virulenza. Sono presenti anche delle differenze nel microbiota di soggetti affetti da IBD e da IBS di modo che questo potrebbe costituire un criterio diagnostico.

Esistono poi delle condizioni di infiammazione cronica di basso grado riconducibili al cibo, non facilmente percepibili come potrebbe essere una reazione violenta di allergia vera e propria. In questi casi il nostro corpo perde la tolleranza verso gli antigeni contenuti in alcuni alimenti comuni, si generano dei mediatori chimici di infiammazione che circolano liberamente nel sangue e quindi possono causare dei sintomi in qualunque distretto del nostro organismo: possono dare dermatiti, cistiti ricorrenti, problemi respiratori come sinusite, bronchite, rinite o asma, dolori muscolari o osteoarticolari, mal di testa, debolezza, disturbi dell’umore o del sonno, ritenzione idrica, sovrappeso, gonfiore, cattiva digestione, alterazioni dell’alvo.

Un infiammazione cronica generalizzata può essere legata anche alla Leaky Gut Syndrome, l’alterazione della permeabilità intestinale per cui l’intestino perde la sua funzione di barriera e lascia che molti antigeni, come microrganismi patogeni, sostanze tossiche, particelle di cibo non sufficientemente digerito, possano raggiungere il circolo sanguigno innescando il processo infiammatorio.

malattie croniche intestinali

Questo tipo di patologie va chiaramente trattato cercando innanzitutto di ripristinare la corretta fisiologia dell’intestino: l’integrità delle mucose e l’equilibrio della flora batterica.

Esistono dei prodotti basati su principi attivi naturali che influiscono positivamente su questi parametri svolgendo un’azione antinfiammatoria che porta un miglioramento dei sintomi (da piante come la perilla e la menta, i chiodi di garofano); e favorendo l’equilibrio del microbiota grazie a prebiotici come l’inulina, e alle vitamine del gruppo B. In questo modo possiamo intervenire in modo completo sui meccanismi fisiologici che proteggono il nostro intestino.

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Dott.ssa Alessandra Basiletti

Dott.ssa Alessandra Basiletti

 

Dottore in farmacia 

Responsabile del settore farmaco