Vedere qualcuno che porta bene gli anni, non è solo fortuna! Se ti è capitato di affermare che una persona non dimostrava la sua reale età biologica, evidentemente stavi apprezzando la lunghezza dei suoi telomeri.

I telomeri sono delle porzioni di DNA simili a “cappellini” che proteggono la parte finale di ogni cromosoma. Essi  garantiscono l’integrità dell’informazione genetica e la loro lunghezza si riduce con il passare del tempo, al punto che la loro misurazione può aiutare a stimare l’età biologica (quella vera, ancora da vivere, non quella anagrafica) di ogni persona. Gli studi di molti scienziati, tra cui il premio Nobel Elizabeth Blackburn, hanno evidenziato l’importanza dei telomeri nei processi di invecchiamento.

Rallentare l’invecchiamento è una possibilità concreta. La lunghezza di telomeri è, infatti, l’unica condizione genetica che si può cambiare con lo stille di vita. E’ di fatto possibile misurare alcuni parametri che segnalano cosa stia succedendo nell’organismo, e che indicano la strada giusta per ridurre la velocità di accorciamento di questo complesso processo biologico.

Il modo in cui invecchiamo, dipende principalmente dalle predisposizioni genetiche, ma soprattutto da fattori ambientali come l’alimentazione, l’attività fisica e l’apporto di minerali e vitamine. 

Ricordiamo, infatti, che l’epigenetica, ovvero l’insieme di tutti i fattori regolatori della codificazione dei geni del nostro DNA, è la reale responsabile dell’ espressione di un carattere. Da cui possiamo dire che il DNA non è il nostro destino perché il modo in cui viviamo la nostra vita fa la differenza sulla manifestazione di fattori predisponenti ad una malattia o ad una virtù. Ai fini del rallentamento della lunghezza dei telomeri lo stile di vita è quindi essenziale.

Di fatto, accade frequentemente che fattori ambientali negativi e stili di vita scorretti facciano stimare l’età di una persona a più alta. Vuol dire che cose come infiammazione, carenze vitaminiche, squilibri alimentari e assenza di attività fisica stanno accelerando il processo di invecchiamento, rendendo la persona di fatto biologicamente “più vecchia” e più suscettibile alla perdita dello stato di salute.

Negli ultimi anni di ricerca scientifica è emerso chiaramente come l’alimentazione abbia un impatto diretto sulla salute e su come possa causare un’infiammazione sistemica generando patologia e accelerando l’invecchiamento.

La valutazione dell’infiammazione correlata al cibo contribuisce al raggiungimento della “longevità”, mantenendo più a lungo lo stato di salute e il benessere. 

Alcuni  gruppi alimentari sono più frequenti nell’alimentazione Italiana/Occidentale e la frequenza è direttamente correlata alla nostra capacità di tolleranza, ovvero più frequenza implica una riduzione della tolleranza. Molti cibi, pur avendo un buon profilo nutrizionale possono dare accumulo e infine generare risposta infiammatoria con le sintomatologie più disparate da problemi di pelle, a quelli gastro intestinali, a mal di testa o dolori articolari e/o muscolari.

I principali gruppi alimentari responsabili di infiammazione sono:

  • Il Gruppo del Frumento, Glutine e cereali correlati che include cereali contenenti glutine quali frumento, Kamut, orzo, farro, segale e i loro derivati.
  • Il Gruppo del Lievito e dei prodotti fermentati connesso con lieviti, funghi e prodotti fermentati quali pane, pizza, vino, birra, miele ecc.
  • Il Gruppo del Nichel che considera un gruppo di cibi che contengono un’alta concentrazione di sali di Nichel quali kiwi, pomodori, spinaci, cioccolato, mais ecc. Questo gruppo ha, inoltre, un’importante correlazione con grassi vegetali idrogenati e non, spesso presenti in biscotti, merendine, dolci industriali ecc.
  • Il Gruppo degli Oli cotti che comprende tutti i cibi, industriali o fatti in casa, che contengono grassi o oli vegetali cotti.
  • Il Gruppo del Latte e dei suoi derivati include il latte di mucca, di capra e quello di altri mammiferi da latte ad uso alimentare, e i suoi derivati come i prodotti lattiero-caseari, il burro, lo yogurt, i formaggi, le torte e la carne bovina. Quest’ultima importante inclusione deriva dal fatto che l’infiammazione da cibo dovuta al latte coinvolge le proteine del latte (contenute anche nella carne bovina) e non al lattosio, come spesso erroneamente supposto, che è invece uno zucchero.

E meno importanti ma comunque presenti:

  • Il Gruppo dei Salicilati naturali che include cibi con un’alta concentrazione di salicilati quali miele, tè, spezie, arance, mandorle ecc.
  • Il Gruppo dei cibi ad alto contenuto salino comprende salumi e affettati, le carni affumicate o essiccate o conservate, i formaggi, i prodotti da forno, i dadi da brodo e alcune conserve.

Ristabilire la tolleranza, abbassando lo stato infiammatorio, vuol dire lavorare su un’importante aspetto dello stile di vita che può provocare invecchiamento o patologia. E’ possibile con l’analisi delle sensibilità da cibo (Recaller test), attraverso un semplice prelievo capillare di sangue, reimpostare una dieta specifica di rotazione basata su caratteristiche individuali. Avere un problema di sensibilità non vuol dire fare dieta di privazione, ma approcciare ad uno stile nutrizionale consapevole che ristabilisca prima, e garantisca dopo, la tolleranza, valutando e lavorando sull’infiammazione di basso grado misurabile attraverso specifiche citochine (PAFF e BAFF molecole pro infiammatorie).

Mi preme sottolineare come un numero sempre più crescente di studi indichi poi, che la qualità del cibo fa da padrona alla nostra salute, ad esempio con una riduzione del -25% in fattore di rischio per forme tumorali per chi mangia biologico (JAMA Internal Medicine).

Ma non solo, mangiare bene non basta, serve anche lavorare sui micronutrienti come vitamine e minerali che nel cibo oggi per noi reperibile sono di bassa concentrazione o qualità. Fare questo comporta interfacciarsi con professionisti del settore che non lavorano solo su base carenziale, ma che affrontano la questione con un criterio di fattore di rischio e predisposizione scientificamente provata, stabilendo un programma integrativo con prodotti qualitativamente certificati.

Infine, è importante ricordare che il movimento aerobico costante e di moderata intensità è un cardine per il mantenimento di un buon metabolismo basale e per rallentare l’accorciamento dei telomeri.

https://www.repubblica.it/sport/running/storie/2017/01/05/news/maratona_vecchio_record_85_anni-155477951/?refresh_ce

https://www.repubblica.it/sport/running/storie/2018/11/30/news/correre_per_allontanare_la_vecchiaia_cosi_il_running_batte_il_bodybuilding-213044285/

Dot.ssa Irene Sali